martedì 8 luglio 2008

E ora si vola...

Ci sono dei giorni che credi non sia possibile arrivino per davvero. Non ché li temi, non ché li attendi con ansia, semplicemente sembrano così lontani e assurdi da non dare peso alla loro realtà. Pensi che 304 giorni non possano passare, e invece ti scivolano tra le mani: è il momento di tornare a casa.
Una nuova traversata, su una rotta già percorsa. Dieci mesi fa rincorrevamo il sole, con un bagaglio di aspettative e punti interrogativi. Domani si vola nel verso opposto, carichi di esperienze ed emozioni di cui con questo blog ho cercato farvi assaporare la superficie.
Ora ci si aspetterebbe il post dei bilanci e delle conclusioni. Ma mi sento ancora così immerso in tutto ciò che abbandonerei ogni oggettività per lasciare spazio a puro e poco giornalistico sentimentalismo. Talvolta i sentimenti stanno meglio su una Moleskine o semplicemente al loro posto, in quanto altrimenti darebbero voce a un guazzabuglio di pensieri contrastanti.
Sono allo stesso tempo contento ed amareggiato di dover partire, mi sembra quasi scontato scriverlo. Ho vissuto qui per un anno, mi si sono presentate occasioni che non avrei immaginato, sono stato in grado di coglierne una parte e ne ho lasciate sfuggire altrettante, ho conosciuto un sacco di gente interessante, mi sono immerso in una cultura estremamente diversa dalla mia, ho viaggiato più che nel resto della mia vita (da New York alle Hawaii, per farla breve).
Se devo essere sincero, la più grande paura è starmene lontano per due mesi da Emanuele, che rimarrà qui per trascorrere l'estate insieme alla coreana Liz. Stare senza mio fratello per un periodo così lungo potrebbe rivelarsi noioso. Il resto non mi preoccupa più di tanto.
Però una cosa è certa: questo è il post conclusivo del mio blog, partito a gonfie vele e ultimamente così avaro nel numero di post, tenuto vivo dai vostri interventi, che hanno dato un senso ai miei racconti. Sarà interessante rileggere tutto, dall'inizio alla fine, anche se ciò non significherà affatto rivivere le emozioni di cui sono stato il protagonista, il co-protagonista o magari semplicemente il saccente critico. Certe emozioni possono essere vissute una sola volta, dall'arrivo all'Hilton di LAX, quell'ambiente che mi pareva quasi irreale, al prossimo pranzo da In&Out, il mio saluto a San Diego e alla California.


Qui si chiude qualcosa che non voglio nominare semplicemente "un capitolo della mia vita". Qui non termina solamente un anno di studio all'estero. Qui termina il mio anno in California, una cosa non da tutti i giorni, una cosa che lascia il suo segno in modo così inaspettato e indelebile... in attesa di ispirazione per nuovi e interessanti sviluppi che non vedo l'ora di condividere con tutti voi.

E da San Diego è tutto,
Lorenzo

venerdì 4 luglio 2008

4 luglio, un giorno come tanti.

Oggi è l'independence day, forse va con le iniziali maiuscole, ma poiché non mi interessa prendere parte allo sprito di una festa rivestita di nazionalismo made in USA lascio le minuscole senza far la fatica di correggere.
Probabilmente guarderò il famoso film Independence Day non sottotitolato, mi farò un barbeque e "spenderò" il tempo restante placidamente disteso in piscina, con qualche pausa-allenamento finalizzata ad incrementare il mio metabolismo e a procurarmi una "fame cronica" che mi sarà tanto utile al mio ritorno in Italia.
Questi giorni sono trascorsi più o meno tranquillamente, caratterizzati dall'intenzione sfumata di un ultimo viaggio, sfumata a causa del fatto che ho finito quasi tutti i miei soldi e non ritengo di meritarne ancora. Occasione per godersi ancora un po' il clima di San Diego, caldo ma non soffocantemente afoso, con nuvole solo sopra le spiagge di La Jolla. Ho avuto finalmente modo di passare un pomeriggio alla Coronado Beach, sull'isola di Coronado (quella collegata a San Diego dall'omonimo ponte), considerata la spiaggia più bella della California: enorme (quindi spazio in abbondanza), onde non antipatiche, assenza di alghe e di insetti che ti si mangiano vivo, al contrario di La Jolla Shores.
Da segnalare che ci siamo ben ambientati nei nostri 24 anni, festeggiati in modo poco plateale, ovvero senza feste da decine di persone (essendo le persone che ho conosciuto ormai disperse in tutto il mondo), ma comunque significativo: barca a vela e niente meno che il concerto di Mr B.B. King!!! L'uomo considerato dalla rivista Rolling Stones il quarto chitarrista della storia, nonostante gli 82 anni suonati, nonostante le lunghe parentesi sottratte alla musica e riempite di discutibili discorsi a sfondo semi-sessuale accompagnati da sottofondo musicale, appena tocca le corde della sua Lucy sa ricordare a tutti che è l'incarnazione del blues.
Ieri mi sono definitivamente rotto delle discoteche americane, per vari motivi: la necessità di aspettare un sacco in fila accoppiata al fatto che all'una ti mandano via, la presenza di buttafuori che anzichè prevenire le continue risse preferiscono controllare e centellinare l'ingresso dei clienti, la musica hip-hop (perdonami, Elia), e la gente che ti guarda male e ti pesta i piedi senza chiedere scusa. E poi non sanno fare i cocktails...
Però qua ci sono gli Starbucks, e i musicisti di colore, due cose davvero invidiabili.

martedì 24 giugno 2008

Aloha!



Benvenuti a Jurassic Park, benvenuti nell'Isola-che-non-c'è....
Ora capisco perchè Spielberg abbia scelto l'isola di Kauai come scenario dei suoi famosi film: non solo per la vegetazione selvaggia che la ricopre, valendole l'appellativo di "garden-island" dell'arcipelago delle Hawaii, ma anche per la bellezza delle spiagge e la possibilità di godersi un po' di relax tra un atto e l'altro!
Io e Silvia siamo stati ospiti dell'isola e dei suoi galli (il gallo è l'animale ufficiale, che vive in strada, sulle spiagge, nella giungla) per 6 giorni, troppi pochi per goderne appieno, abbastanza da innamorarsi dei suoi tesori.

Sapevamo che una specie di paradiso naturale era pronto ad accoglierci, le aspettative erano alte in partenza, ma appena lasciato l'aeroporto di Lihue, armati di collane di fiori, siamo rimasti stregati da tutti i segreti che Kauai offriva ai nostri occhi... spiaggette incontaminate e non invase dai turisti, romantici rifugi nascosti dalla vegetazione... canyon impervi e sentieri nelle foreste... coste contornate dalle palme da cocco, con sabbia vellutata e acqua cristallina dalle sfumature verdi e azzurre... fiumi che si snodano nella giungla che riveste l'isola...
Un crescendo di emozioni che ha raggiunto il suo culmine lunedì (l'ultimo giorno) quando abbiamo risalito in kayak lo Wailua river, ormeggiato l'imbarcazione sulle rocce, guadato il fiume, per incamminarci in un districato percorso immerso in una foresta di mango (e spruzzata del profumo di mango maturi che dagli alberi cercano di bersagliare i passanti) fino alla piscina naturale delle Wailuao Secret Falls, non raggiungibili in altro modo. Una doccia fredda sotto una cascata alta 50 metri, con una ragazza bellissima, in una foresta di mango, col cantare dei galli, lontano da tutto e da tutti. Cosa posso chiedere di più da una vacanza? (Magari la pizza di nonna Milvia...)
Ho iniziato a raccontare dalla fine... una giustificazione, ancora una volta, per evitare uno schematico resoconto, che sarò lieto di offrire accompagnato da foto a chi lo richieda. Qualcosa invece di preciso e conciso per tutti voi che imperterriti continuate a leggere le note delle mie avventure.
La nostra base si chiamava Kauai Sands, il piccolo e semplice hotel che circonda un prato che si estende fino all'oceano, con stanza con ventilatore e "vista-giungla", e ristorantino a 10 metri dall'acqua per le colazioni a base di pancakes con macadamia (noci hawaiane), cocco grattugiato e sciroppo di latte di cocco. Ogni mattina sveglia alle 8, anche perchè le 3 ore di fuso aiutano, e partenza in auto (l'isoletta è piccola ma non troppo) alla ricerca di qualcosa più o meno a caso, armati di guida di Kauai. Tutto il giorno in giro, fino al tramonto, e per la sera non c'è nemmeno un locale, cosa che ho apprezzato tantissimo: una vacanza in segno della natura, della scoperta e del relax, totalmente diversa dai miei ritmi abituali.
Il sole picchia, data la posizione tropicale di Kauai, 22 gradi nord se non erro, che significa sole allo zenit a mezzogiorno del solstizio d'estate. O ci si riempie di crema o ci si ustiona in un istante, persino alle orecchie. Nonostente ciò, sono riuscito ad abbronzarmi, Silvia un po' meno dato il suo colorito estremamente chiaro.
La mia parte preferita dell'isola è stata la parte nord, più ricca di vegetazione e corsi d'acqua, in uno dei quali ho affittato un kayak per 24 ore, da mezzogiorno a mezziogiorno. Il primo giorno dei due abbiamo raggiunto l'oceano, il secondo abbiamo risalito il fiume fino a dove fosse possibile... e ora mi rendo conto di quante zanzare ci fossero, visto che per il prurito da bolle mi pare di avere le pulci dappertutto, persino nelle orecchie.

Un'altra bella avventura è stata la camminata di venerdì in un bellissimo canyon dai colori verde chiaro, verde scuro, rosso terra e gricgio: nulla a confronto della maestosità del Grand Canyon, ma di sicuro uno spettacolo emozionante. Chi si aspettava che l'isola offrisse anche questo?
Così in un attimo la bellissima vacanza è giunta al termine, e mi trovo di nuovo a San Diego, due settimane esatte prima della partenza, e in attesa del ventiquattresimo compleanno dei gemelli!!!

sabato 14 giugno 2008

One more time...

Bye bye I-House... e si chiude in bellezza, ultima festa, ultima serata, più o meno tutte le persone che ho conosciuto negli ultimi 9 mesi, 3 piani più l'I-walk pieni di gente... io, Emanuele e tutti gli italiani di San Diego, sempre in prima fila, sempre i peggiori... tutti i francesi (martedì ci siamo promessi a vicenda di suonarcele) e i cileni furbetti, gli olandesi (ebbene sì, anche loro), i brasiliani, gli australiani, le spagnole, e i rappresentati di Scozia, Messico, Inghilterra e una ventina di altri Paesi, e poi tutti gli americani, e che altro dire? Non so, non so che raccontare, forse non sono in grado di esprimere degnamente cosa questa festa abbia significato, cosa mi passi per testa... chi ha vissuto esperienze simili può forse in parte capirmi, anche se qua si parla della California.
Nove mesi che sono volati, nove mesi che mi sono passati sotto il naso, nove mesi che mi hanno offerto così tante cose che in gran parte non sono stato in grado di cogliere o non ho avuto il tempo di assaporare, nove mesi che credo non dimenticherò molto facilmente...
Nove mesi che mi hanno cambiato e che ho avuto l'onore di condividere con persone fantastiche: quel campione che mi somiglia e che tanti ancora confondono con me, quella ragazza con capelli gialli e gli occhi blu che da un anno è la mia bimba, il "terzo Coviello" e compagno di merende Anrea Tullj, il mio coinquilino-amico Mark, quel fenomeno di Marco Broccardo, la coreana Liz Kim- la prima ragazza che reputo degna di mio fratello , l'uomo-multa Carlo, quel genio di Borri, il piccolo ma grande Cardone, il letargico Gioele, il piccolo roditore milanese di nome Paola, Ahmed- il più grande Egiziano che abbia mai conosciuto, e poi quel clown che ha reso possibile "quella volta di San Diego".
E tutti gli altri, che non sto qua ad elencare...
Boh, quando arrivi pensi di avere fin troppo tempo... ma questo, beffardo, ti frega e passa più velocemente di quanto dovrebbe, e così arriva l'ultimo giorno, si consegnano le chiavi e ci si saluta.
E ora che si fa? Per iniziare mercoledì me ne vado alle Hawaii con Silvia, più precisamente nell'isola di Kauai, per una vacanzina da sogno (grazie al mio vecchio sponsor cui suggerisco la famosa frase di Totò), e poi sto pensando a qualcosa di bello anche per il genetliaco dei gemelli... boh, si vedrà, ma non vi deluderò, lo prometto!
Intanto è finita un'era, l'era della UCSD e dell'International House.

domenica 1 giugno 2008

Ogni tanto passo per casa. E allora scrivo...

La frequenza dei post su questo blog sta diminuendo vertiginosamente... se continuo di questo passo, tra 5 o 6 post sarò in Italia... sono appena tornato da Santa Barbara, dove ho passato un bel weekend a casa di Silvia con gli altri italiani di San Diego, tra cui il famoso Andrea Tullj. Ce la siamo piacevolmente passata non stancandoci troppo e non riuscendo mai ad arrivare fino alla spiaggia, distratti prematuramente da altre cose, tra cui un concero all'aperto in un prato recintato che raccoglieva tutti i fricchettoni di Isla Vista. Un po' anacronistico, a parte qualche vero Hippy sessantenne, arrivatii da 40 anni fa con barba lunghissima e armati di hula-hoop. Odore di canne, gente che lanciava tortillas per divertimento, un sole che scioglieva tutto lo scioglibile e un gruppo di musicisti vestiti da buffoni che suonava funky.
La sera di sabato ho preso parte a un sunset cocktail party su una barca, insieme a Silvia, Tullj, Broccardo, Caterina e Simonetta, quest'ultima credo mai nominata prima d'ora nel mio blog. Partenza dal Santa Barbara Harbor e via in mare per godersi il tramonto. Peccato solo di essere salpati un po' ritardo, dopo il tramonto. L'idea era carina, la qualità del cibo scadente, le onde fastidiose tanto dal causarmi un po' di nausea, e il vento così pungente dal farmi pentire di essermi vestito troppo leggero. Se solo ci fosse stata nonna Milvia a ricordarmi la giacca a vento...
E dunque oggi, accolto da Emanuele, sono rientrato nella mia camera dell'International House della UC San Diego. Credo che sia l'ultima volta che rientro alla I House dopo un viaggetto, visto che tra 12 giorni la devo levare le tende. Pensarci mi fa un certo effetto... sono stato bene in questa stanza, che mi ha accolto al ritorno di ognuna delle mie avventure. Non poche avventure: New York, il tour lungo la Baja California in auto fino a Cabo San Lucas, le 2 volte a San Francisco, le 3 volte a Las Vegas, il Grand Canyon, Disneyland, 3 o 4 volte nella Orange County, Tijuana, non so nemmeno quante volte a Santa Barbara, un paio di volte a Puerto Nuevo in Mexico, e le 8 volte a Los Angeles tra Santa Monica, Venice, Downtown, Beverly Hills, i Lakers... Boh, forse dimentico qualcosa. Di sicuro ometto tutte le prossime mete, che saranno svelate solo a tempo debito...
Ma non è ancora tempo di bilanci, visto che ho ancora un mese e una settimana prima della partenza... tutto sommato, sono a sette ottavi di questi dieci mesi in California. In un ottavo posso vivere ancora un sacco di esperienze. Meglio darsi da fare!

mercoledì 21 maggio 2008

A grande richiesta...

Sono solo 9 giorni che non do mie notizie e già molte persone si sono lamentate. Quindi, a grande richiesta, sottrarrò qualche minuto al mio incostante studio per soddisfare la vostra sete di notizie.
Tornando alla scorsa settimana, due sono gli eventi degni di nota: giovedì il ritorno di Andrea Tullj (che ci ha portato olio dei suoi contadini e Pan di Stelle)e venerdì il Sungod Festival.
Tralasciando il primo argomento, il Sungod è letteralmente il dio sole, ovvero una statua colorata situata in un certo punto dell campus. Probabilmente quando hanno deciso di organizzare un festival della UCSD, hanno costruito la statua colorata tanto per avere un soggetto con cui giustificare un nome.
Il Sungod è il giorno in cui un'università di nerd si anima e carca di trasgredire, almeno per quanto ciò sia possibile negli US. In qualche zona del campus, le autorità chiudono qualche occhio riguardo al consumo di alcolici e i ragazzini letteralmente impazziscono, andando giù di vodka e ruhm dalle 9 di mattina. Il risultato è tutti ubriachi prima di pranzo e pronti ad andare a dormire dopo pranzo. Il problema di fondo è che quando sciogli le catene di animali tenuti legati tutta la loro vita, questi prendono il largo senza misura, usaurendo velocemente tutte le energie e trovandosi presto esausti. Nonostante ciò, la giornata è stata divertente, perchè quando bevi 4 ruhm e coca alle 2 del pomeriggio, ti diverti anche se le feste ti fanno schifo. A proposito, ho quasi dimenticato di dire che i campi di atletica del campus vengono circondati da un recinto al cui interno viene allestito un palco, che accoglie una line up di artisti decisamente discutibile, di cui tutti si sono lamentati. Il basso livello delle attrazioni offerte agli studenti, ha reso l'alcool l'unica vera attrazione, tanto che la zona del palco è stata più o meno vuota tutto il giorno, anche perchè lì era vietato bere. A proposito, tutto è finito a mezzanotte, ma forse lo spirito è finito ben prima... vorrei tornare indietro a quando ero giovane, ai tempi di Woodstock. Si vede che non sono stato entusiasta del Sungod?
Due curiosità. Sapete come si aprono le banane? Mi direte di sì. Ebbene no. Gioele al tempo ci ha mostrato il suo metodo, e youtube gli ha dato ragione. Cercate how to open a banana... sicurezze che crollano. Punti di vista statici e verità accettate cui basiamo le nostre azioni, quando basta prendere una banana dall'altra parte per cambiare tutto.
Inoltre, le grapple, uva-mela, le mele al gusto di uva che Emanuele ha comprato per farmi ridere. Sono una via di mezzo tra l'insapore e il nauseante. Ma perchè le mele non vanno più bene?
E poi che dire, spiaggie affollate, sole caldo, acqua ghiacciata, tesi che vuole il suo tempo, fuori fino a tardi la sera, poche ore di sonno, occhiaie nascoste solo dall'abbronzatura, la Saturn che fa brutti scherzi, tanta margaritas, viaggi in vista, e solo un mese e mezzo per salutare San Diego e la California. Porca puttana, a pensarci mi viene l'ansia.

lunedì 12 maggio 2008

Un piccolo road trip

Trascorrere la serata a Las Vegas dopo aver ammirato il Grand Canyon durante la mattina non capita tutti i giorni. Questo in una sola frase è stato il nostro sabato, diviso equamente tra due luoghi così diversi tra loro, direi opposti. Da una parte i panorami mozzafiato e unici al mondo e le passeggiate nella natura incontaminata, dall'altra la città dei vizi, del divertimento e delle luci. Due luoghi opposti, dicevo, ma entrambi meta turistica che nessun turista può lasciarsi sfuggire.
Il viaggio, che credo mi abbia portato a raggiungere i 6000km percorsi in poco più di due settimane, è iniziato venerdì mattina, dopo la sera del concerto di Marcus Miller, con una Dodge Caliber noleggiata, una macchina americana con un motore enorme e poco efficiente, con una trasmissione automatica penosa e con un consumo di benzina esagerato. Dovevamo percorrere 550 miglia per raggiungere il Gran Canyon e ce la siamo presa così comoda da arrivare alle 8 di sera, dopo aver attravesrato le sterminate distese di nulla della California non costiera e del northwest dell'Arizona, addentrandoci addirittura nella famosa Route 66, che da Los Angeles si snoda fino a Chicago con una sola corsia per senso di marcia. Nelle zone desertiche, durante il giorno, fa un caldo micidiale, sui 100 gradi Fahrenheit (40 gradi centigradi), e soffia un vento così caldo da sembrare generato da un gigante asciugacapelli. Non vorrei mai trovarmi lì con l'auto in panne e senza un ettolitro d'acqua ghiacciata.
Mi sto dilungando troppo, mi pare, ma mi rifarò non soffermandomi sui particolari di luoghi che tutti conoscono grazie a foto, documentari o miei precedenti racconti. Dunque, all'imbrunire arriviamo in un agglomerato di edifici identificato da google map con il nome di Grand Canyon, l'ultimo nucleo edilizio prima del Grand Canyon National Park, ma non sappiamo ancora chi sono i protagonisti di questa ultima avventura, perchè mi sono dimenticato di dirlo. Potrei aggiungerlo in testa al racconto, ma stravolgerei tutto, quindi dico ora che i presenti erano: Emanuele, Silvia, Giulia e me medesimo.
Cena in un ottimo ristorante americano, a base di carne di porco con salsa barbeque, patate, pannocchie arrostite, fagioli, ali di pollo fritte, roba leggera per intenderci.
La mattina del sabato, passeggiata sul canyon. Devo ammettere che fa una certa impressione, per due motivi. In primo luogo lo spettacolo è davvero eccezionale, a perdita d'occhio: è incredibile pensare che il fiume Colorado abbia fatto tutto da solo (con l'aiuto di qualche movimento tettonico), erodendo le rocce e creando quella che è una delle meraviglie naturali del mondo. In secondo luogo, torvarsi in uno scenario così conosciuto e visto finora solo in cartolina non lascia mai indifferenti: ecco il Grand Canyon, e noi, piccolissimi, camminiamo sul bordo.
Una cosa simpaticissima sono gli scoiattoli. Io ed Emanuele adoriamo gli scoiattoli, credo grazie a Cip e Ciop, e ad ogni occasione cerchiamo di convincerli a scattarci una foto assieme, promettendoli il cibo che nascondiamo nel palmo della mano. Tra un po' si spargerà voce che nella mano non c'è proprio nulla e gli scoiattoli inizieranno e diffidare di noi.
Voglio regalarvi una foto in solitaria, visto che non credo aggiornerò mai il sito delle foto: io che piego la mia polo preferita... non so se piegherò spesso magliette con uno sfondo così...

Sazi di Gran Canyon, tocca alle 277 miglia verso Las Vegas, con una sola breve sosta per vedere l'imponente Hoover Dam, la diga al confine tra Arizona e Nevada.
Las Vegas è sempre Las Vegas, solo che stavolta abbiamo pernottato allo Stratosphere anzichè al Luxor. Mi chiedo perchè molte persone condannino Las Vegas, giudicandola una città falsa. Mi chiedo che spiritualità vadano a cercarci, rimanendo ovviamente delusi, quando basterebbe capire che è una città votata al divertimento, ai soldi e basta. Inoltre, il gioco d'azzardo è solo una parte di Las Vegas. Tutto sta nel decidere di divertisri e non avere sonno. Degno di nota è soprattutto il cocktail gigante preso da me ed Emanuele al Coyote Ugly (la copia dell'omonimo locale situato a New York, reso forse famoso dal film o da non so che), o meglio fuori di esso, perchè all'interno avevamo bevuto birra. A Las Vegas puoi comprare più o meno ovunque dei cocktail enormi a soli $15, portarteli a spasso e tenerti il bicchiere per refillarlo (to refill = riempire). Sono così grossi che una persona normale si ubriacherebbe completamente bevendone uno intero. La mattina, buffet "Sunday Brunch" del Luxor, e partenza per tornare a San Diego, con una breve tappa nell'enorme outlet di Las Vegas.
A proposito, ho tralasciato tutta la scorsa settimana, ma chi se ne frega. Una cosa però mi ha dato fastidio: le nuvole. Ma vi pare che arriva mia cugina e ci sono le nuvole e il freddino, quando le avevo promesso almeno 30 gradi e un sole estivo? Ci faccio brutta figura... a meno che non sia colpa sua...